Il 1964 e' un anno di svolta per la Biennale di Venezia e per la storia della pittura: Robert Rauschenberg vince il Premio per la Pittura della Presidenza del Consiglio dei Ministri dedicato ad un artista straniero. Tra le opere esposte c'e' Kite, 1963, il quadro che aprirà Pittura/Painting, una delle sezioni della 50. Esposizione Internazionale d'Arte allestita nelle sale del Museo Correr. La mostra, curata da Francesco Bonami, e' realizzata dalla Biennale di Venezia e dai Musei Civici Veneziani.

In quel giugno del 1964, il riconoscimento unanime verso le opere di Robert Rauschenberg crea scalpore, per la prima volta l'arte europea perde il predominio culturale sugli Stati Uniti che cosi' iniziano un egemonia da allora soltanto raramente interrotta o indebolita. Quando Rauschenberg vince il premio non e' pero' neanche passato un anno dall'assasinio di Kennedy a Dallas, il sogno americano si e' appena infranto e i suoi quadri con una freschezza inaudita testimoniano l'inizio di un mondo dove i media e la comunicazione faranno da sovrani influenzando tutto, dall'arte alla letteratura, al cinema. Mentre in Europa e in particolare in Italia la pittura indugia ancora in un formalismo eccessivo anche se a volte aggressivo, come nel caso di Burri, in America la Pop Art infrange le regole piu' sacre della pittura, usando tecniche e soggetti fino ad allora esclusi da ogni rappresentazione. Warhol e Rauschenberg impongono una ricerca e una velocità impensate per l'arte europea mentre Jasper Johns addirittura già si ripiega su un manierismo autoreferenziale da cui non riuscirà piu' a liberarsi pur diventando un vero e proprio culto. Il 1964 e' pero' anche l'anno in cui la pittura inizia una sua lunga crisi dentro la Biennale, crisi che con il 1968 si fa ancora piu' forte. Da allora il dibattito, le polemiche e le critiche sul ruolo giocato dalla pittura alla Biennale di Venezia non finiranno piu' e questo archetipo di tutta l'arte contemporanea rimarrà sempre un simbolico assente o uno spettro che si aggirerà eternamente dentro la Biennale.

Pittura/Painting, in occasione della cinquantesima edizione della mostra di Arti Visive, vuole ripercorrere in modo molto personale e idiosincratico il cammino della pittura alla Biennale e non solo, cercando di individuare opere attraverso le quali lo spettatore possa leggere la relazione di amore -odio che l'arte contemporanea ha avuto con il soggetto pittura. Attraverso opere di Alberto Burri, Lucio Fontana, Domenico Gnoli, Enrico Castellani e Renato Guttuso la mostra prova a mettere a confronto la ricerca italiana con quella europea e mondiale, stimolando domande, sottolineando debolezze e forze che per quasi quaranta anni hanno rinnovato il grande mistero di x{201C}dove va la pittura ?x{201D} Passando attraverso gli anni Settanta con l'iperrealismo di Franz Gertsch ed il minimalismo di Robert Ryman, per poi entrare negli anni Ottanta con la sperimentazione lirica e tormentata di Francesco Clemente e Jean Michel Basquiat, si arriva quindi agli anni Novanta con il revisionismo di John Currin, Elizabeth Peyton e Margherita Manzelli, per poi approdare alla grande tela di Takashi Murakami che intrecciando la pittura tradizionale giapponese con l'iconografia popolare dei fumetti x{201C}mangax{201D} chiude un lungo giro del mondo e della pittura all'inizio del XXI secolo.

Se Rauschenberg, con le sue serigrafie di immagini strappate al quotidiano e al presente storico, aveva aperto un crisi che non si sarebbe mai piu' conclusa il giovane artista giapponese proietta la pittura non piu' dentro il presente della società ma nel futuro irraggiungibile della nostra immaginazione.